previsioni meteoropatiche undici

Gli ultimi saranno terzi.

Lunedì

Un silenzio pornografico ti convincerà a risorgere in un tiepido tè freddo di primavera, in una coca ghiaccio e limone, in una vodka libertà, in una stronza patentata, in un assoluto visto mille volte o nella stessa nuova canzone già sentita a ripetizione. Lunedì passerai il tempo tra il dire e il fare, lo passerai a fantasticare nuove hit parade, nuovi propositi, soliti errori, vecchi erotismi, fantasticherai senza tener conto dei condizionatori, del vento, delle cucine chiuse troppo presto, delle porzioni abbondanti, dell’acqua minerale, delle vette irraggiungibili, della ricerca costante di perfezione, ma poi di tutta sta perfezione che te ne fai? Lunedì saremo come cani in hangover, che abbaiano solo per il gusto di farlo, faremo pipì seduti sentendoci in dei prati, in mondo visione, con sconosciuti senza cinture di sicurezza. Lunedì saremo come scintille nei campi, che bruciano l’inferno con l’intento di non lasciar nulla per cena. 

Martedì

Affronteremo i jet leg, i check in, le sirene sull’atlantico. Affronteremo le sconfitte, i presagi, i pareggi, e perché no, in fondo non è così male pareggiare. Affronteremo le cotte adolescenziali, le cotte che ritornano, quelle che non sono mai andate via, quelle che verranno , quelle che vanno di moda, come un reel di Tik Tok e un Iqos profumata. Affronteremo le giacche del nonno, le sere d’estate, il vento dal sud, i piagnistei dal nord, l’incontrollabile voglia di sera in quei direct buttati via, in quei direct cancellati troppo tardi, vuoti, silenziosi, arrendevoli, privi di vita, di etica, di censura, in quei direct senza dignità. Così questa voglia di sera ce la sentiremo addosso, sulla pelle, non ci farà  respirare, ma ci scalderà i drink, gli abbracci e quelle basse maree impenetrabili che gridano amore, serenità, spensieratezza. Martedì fammi smettere di respirare, fammi smettere di pensare, fammi sentire una botta clamorosa, una fetta di salame, una notte definitiva, dammi la solitudine, la musica alta, le bottiglie a testa in giù, il sughero che sa di vino, sesso orale, biglietti obilterati troppe volte. Martedì aiutami ad affrontare i congedi, le pensioni, le mani lette male, le dita gonfie, gli anelli introvabili, lo shopping compulsivo. Insegnami a morire cento volte, a vivere, a trovare le palme,  le beach solitarie, le vene giuste, le collanine. Martedì insegnami  a dormire di mercoledì, a spegnere il cervello, il cervelletto, l’iphone aziendale. Aiutami a sedermi per terra, ad  ignorare la polvere, la suocera, la canzone del sole, Il sovrapprezzo delle sigarette. Martedì, dopotutto è quasi estate, fa quasi freddo, fa quasi nostalgia, fa quasi ora e circonvallazione di notte, autobus pisciati male, carte di credito usate ancora peggio. È martedì e forse non c’è niente di meglio.  

Mercoledì

Ora che puoi finalmente credere negli oroscopi, negli orari, negli eurofestival musicali, puoi ripetere a voce alta che non si cambia mica vita mercoledì, piuttosto si vive quella vecchia per qualche altro giorno, ci si purifica domenica e con la positività ritrovata, in quei tramonti intramontabili ammirati da un desktop, ci si condisce la settimana insieme a della glassa balsamica di prima categoria,  ad amore invincibile, a romanticismo periferico. Ora che credi nelle diete puoi finalmente vivere ai Caraibi, a Los Angeles, nel nulla, a Norimberga, in una maglia a righe, in un vecchio testamento. Mercoledì è come un volo low cost, è il passeggero che capita inesorabilmente al centro, tra il corridoio e il finestrino,  e si accontenterà di sentirsi limitato ma impossibile da ignorare.

Giovedì

Giovedì è il quarantenne in piena crisi di identità, è il quarantenne lampadato che non perde occasione per celebrare pubblicamente la sua forma fisica impeccabile, i suoi bicipiti, le sue rette parallele, la sua mentalità giovanile e inizia le frasi tendenzialmente sempre allo stesso modo: “se avessi ancora vent’anni…”. Giovedì è il quarantenne che pubblicizza le sue conquiste segrete, pubbliche, mediche, è colui che invia messaggi simpatici, barzellette pornografiche, premi sportivi e ride, non smette mai di ridere nell’abbronzatura artificiale e nel suo niente stravolto e stracolmo di amare verità e mezze stagioni. Così Giovedì continuerà ad essere un giorno scottante e infatti ci sentiremo ardere come foreste pluviali devastate. Giovedì brucia tutto, brucia una sigaretta, brucia Kiev, bruciano sessanta calorie, bruciano i nostri groppi in gola, le nostre aiuole preferite, i parchi, i supermercati, le illusioni. Bruciano le nostre mani, i nostri pensieri privi di logica, i nomi che non riusciremo a dimenticare, i tassisti di notte, l’all you can eat, le processioni, le crisi climatiche, la tua voglia di aperitivo. In fin dei conti giovedì arriva sempre quando meno te lo aspetti ma non fa abbastanza paura per farti passare il singhiozzo.

Venerdì

Nelle tasche delle giacche primaverili troverai una vecchia versione di te, una nuova speranza, un disco indie da ascoltare a luce spenta. Troverai un ricordo integro, perfettamente nitido ma anche un po’ andato male, uno scontrino sbiadito, un nome sconosciuto, un numero a tre cifre, un limone lasciato a metà. Venerdì ti sorprenderà, dopotutto lo fa sempre, proprio come lo fanno quei venditori di ombrelli che si palesano dal nulla in un momento di pioggia. Dove sono stati fino a quel momento, dove vivono, come si chiamano, non ci è dato saperlo, così come non ci è dato sapere chi saremo dopo le ventidue, dopo i cattivi presagi, gli incontri casuali, le discussioni sul voler cambiare vita, banca, gin. Vivremo la giornata come un’ultima occasione prima di entrare in una fase estiva confusionaria. Venerdì sarà come un’ultima dose prima della comunità, come l’ultimo tuffo prima di un tramonto, come i cinque minuti tra la prima e la seconda sveglia, come l’ultimo bicchiere di prosecco dolce degli open bar, come l’ultima macchia di sugo nel piatto su cui fare una scarpetta, l’ultima taglia ad una svendita, l’ultimo giorno prima delle ferie, l’ultimo pomeriggio di un amore estivo. Così questo venerdì ci ricorderemo che gli ultimi saranno terzi, ma solo perché al primo posto preferiscono il silenzio.

Sabato

Sabato è confusionario, pretenzioso, ansiogeno, Sabato è Sabato, un po’ come quei colleghi che ti chiamano per dirti che ti hanno scritto un messaggio in cui ti avvisavano di averti precedentemente inviato una mail. Sabato ci renderemo conto che il meteo ci ha mentito, ci ha mentito questa sera, ci ha mentito ieri, ci ha mentito qualche anno fa, ci ha mentito a colazione e sotto un ombrellone a righe che custodisce la tua nostalgia sbiadita e fragile. Sabato lasceremo scorrere l’acqua, i flash, le pippe mentali, la voglia di mare, di fritto, di cene all’aperto, di telefonate che non arriveranno mai. Sabato improvviseremo cene bianche, balli caraibici, teorie strampalate sul riscaldamento globale e ci renderemo conto che sarà il giorno giusto per sdraiarsi la sera, chiudere gli occhi e immaginarsi pop star, Bridget Jones, merce da contrabbando.

Domenica 

È arrivata la domenica, affila coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto. Affolla cucine a gasse, tavole calde, tavole strette, abiti da sera, pasticcini alla crema. Domenica ha un nuovo volto, viene quasi rivalutata a metà Maggio e sistemata come un arrotino che riporta in vita la tua cucina per farti vivere domeniche stracolme di noia, ma indimenticabili. Abbiamo accettato l’idea dell’ultimo giorno della settimana solo perché possiamo viverlo con le finestre aperte, a piedi nudi, con nudità esposte, senza sensi di colpa, senza collo alto, possiamo viverlo al fresco e con le porte aperte dove lasciar scappare la fantasia. Domenica è quasi una liberazione, una disgrazia, un male necessario.

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